Empatia o Compassione?

In psicologia per Empatia (termine derivato dal greco ἐν, “in”, e –πάθεια, dalla radice παθ– del verbo πάσχω, “soffro”, sul calco del tedesco Einfühlung), si intende la capacità di comprendere lo stato d’animo e la situazione emotiva di un’altra persona, in modo immediato e talvolta senza far ricorso alla comunicazione verbale.

Il primo aspetto dell’empatia – la comprensione empatica – richiede un’attenzione e una capacità di vivere la relazione con l’altro come se si fosse al suo posto, mantenendo tuttavia una consapevolezza vigile della distinzione, non soltanto per evitare esperienze di emozioni ‘fusionali’, ma anche per non lasciarsi coinvolgere (o addirittura travolgere) dai sentimenti che, pure, si desidera condividere. Il secondo aspetto dell’empatia è costituito dalla comunicazione empatica: si tratta di una modalità comunicativa che esige una capacità costante di valutare il tipo d’interazione che si sta svolgendo e prevede un attento rispetto dei tempi e delle modalità di apertura – e quindi di risposta – dell’interlocutore.

L’empatia è una scelta coraggiosa perché significa scegliere per la vulnerabilità.

Per entrare in connessione con una persona, devo contattare quella parte di me che sa, che conosce quel che quella persona sta passando e il modo in cui sta soffrendo: è da questa connessione con me stesso e con le mie fragilità che ha inizio la relazione empatica.

Il fenomeno dell’empatia è stato a lungo trattato: interessante è la distinzione tra «compassione» e «empatia»,  ben esplicitata dalla filosofa Martha Nussbaum in “Intelligenza delle emozioni e in questo breve video tratto dal discorso di Brené Brown, docente e ricercatrice dell’università di Houston che, da diversi anni, si sta occupando di studiare i rapporti umani dal punto di vista psicologico e sociale.

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