Eros e Thanatos in “Mare Dentro”

Mare
«Mare dentro, in alto mare – dentro, senza peso/nel fondo, dove si avvera il sogno:
 due volontà/che fanno vero un desiderio nell’incontro».

 

Nel 1996 Amenábar legge un libro: “Cartas desde el infierno”. L’autore è Ramón Sampedro, tetraplegico immobilizzato da trent’anni da una paralisi totale causata da un tuffo da uno scoglio finito male che l’ha reso tetraplegico.
Ramón per 25 anni ha condotto una battaglia legale per ottenere l’eutanasia. In questi 25 anni, l’unico sogno di Ramón, è quello di morire, o meglio, quello di affermare il proprio diritto di poter scegliere della sua vita e di poterla abbandonare con dignità.
Dopo 25 anni di lotte e di costante attenzione – e pressione- mediatica, nel 1998 Sampedro porta a termine il suo piano: suicidarsi senza far incriminare alcun parente. Nel 2003, il regista di Tesis (1996), Apri gli occhi (1997) – oggetto di remake americano (Vanilla Sky) – e ancora The Others (2001), decide di dar vita a “Mare Dentro” film che ricostruisce gli ultimi mesi di vita di Ramón.
“La morte è un tema ricorrente nei miei film – afferma Amenábar – ma se <> era una visione della famiglia a partire dal lato oscuro, dalla morte, <> è una visione della morte a partire dalla vita, dalla quotidianità, dal naturale, da un lato molto luminoso.”

Mare Dentro però non narra solo la storia di Ramón ma anche quella di Rosa, una donna insoddisfatta che trova, come unica ragione di vita, l’amore nei confronti di Ramón e quella di Julia, un’avvocatessa affetta da una malattia rara che lo aiuta a perorare la sua causa.
Mare Dentro non narra una storia di morte, Mare Dentro è un inno alla vita e alla dignità che la vita stessa merita di avere. Indimenticabile, a tal proposito, è la sequenza onirica che illustra magistralmente le motivazioni che spingono Ramón a voler metter fine alla sua sofferenza.
Etimologicamente, l’uomo è ἀνήρ (anēr) – colui che guarda in alto verso il cielo– e ἄνθρωπος (anthropos) – colui che cammina. Ma Ramón è costretto per sempre in un letto, potendo muovere solo il collo e la testa, e sopra di lui c’è il soffitto di una camera che è diventata ormai la sua prigione.
Nel sogno, però, Ramón si alza, tocca finalmente con i suoi piedi la pietra del pavimento per poi prendere la rincorsa e spiccare il volo, planando velocemente sui campi, sui boschi e sulle montagne che lo dividono dal mare, il simbolo del suo desiderio.

“Signori giudici, autorità politiche e religiose,che significa per voi la dignità?
Qualunque sia la risposta delle vostre coscienze,sappiate che per me questo non è vivere con dignità. Io avrei desiderato almeno morire con dignità. Oggi, stanco dell’indifferenza delle istituzioni, sono costretto a farlo di nascosto, come un criminale […] Io ritengo che vivere sia un diritto, non un obbligo, com’è stato nel mio caso […] Solo il tempo e l’evoluzione delle coscienze decideranno se la mia richiesta era ragionevole o no.”

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